Il ritocco dei contratti per le forniture di gas tra il monopolista russo e il colosso italiano, sottaciuto da entrambe le parti, mette a serio repentaglio l’indipendenza energetica del BelPaese. I precedenti poco sereni dei rapporti tra Mosca e il Cane a Sei Zampe, e i risvolti in Europa, non lasciano varietà di interpretazioni, sopratutto se considerati assieme alla situazione della Grecia
Chiaro il compromesso, ignoti i risultati, e molti i dubbi su un’operazione da cui dipende la sicurezza nazionale dell’Italia. Nella serata di giovedì, primo di Marzo, il monopolista energetico russo, Gazprom, ha diffuso una nota con cui ha dichiarato di avere raggiunto un’intesa per il rinnovo del contratto per le forniture di gas con il colosso italiano ENI, senza, tuttavia, fornire alcun dettaglio.
Secondo il comunicato, riportato dalle più autorevoli agenzie, tra cui la Interfax, il Capo di Gazprom, Aleksej Miller, e l’Amministratore Delegato di ENI, Paolo Scaroni, si sono incontrati presso la sede di Mosca del monopolista russo per affrontare una questione che la parte italiana ha sollevato meno di una settimana prima.
Resasi conto della forte dipendenza che lega l’Italia alla Russia durante il rigido inverno appena trascorso – allora, in seguito ai tagli dell’invio di gas operati da Mosca, il Cane a Sei Zampe non è riuscito a compensare le forniture del Cremlino con quelle da Norvegia e Algeria – l’ENI ha chiesto a Gazprom la revisione delle clausole contrattuali che, finora, hanno obbligato il colosso di San Donato ad acquistare 108,8 milioni di metri cubi di gas al giorno ad un prezzo superiore a quello di mercato – che ad oggi ammonta a 415 Dollari per mille metri cubi di oro blu.
Se Gazprom non ha diffuso alcun dettaglio sul nuovo contratto – fonti russe hanno ipotizzato che alcun comunicato sarà emesso fino al termine delle elezioni presidenziali russe di Domenica, 4 Marzo – anche l’ENI mantiene bocche cucite su un contratto da cui dipende non solo il costo della bolletta applicata a ciascun contribuente del BelPaese, ma sopratutto l’indipendenza energetica italiana. Certo è che i precedenti non sono incoraggianti, così come le previsioni per il futuro.
L’Italia è il secondo Paese dell’Unione Europea dopo la Germania per quantità di gas importato dalla Russia: Paese al quale il Cane a Sei Zampe, per ottenere sconti sulle tariffe applicate al colosso italiano, in passato è stato costretto a sensibili concessioni – sempre comunicate con ritardo, quando non addirittura sottaciute.
Nel Novembre 2006, Gazprom ha concesso a ENI la fornitura diretta di 3 Miliardi di Metri cubi di oro blu fino al 2035 in cambio della cessione da parte del colosso di San Donato di compartecipazioni in progetti ubicati in diverse aree del pianeta. Nel 2009, l’ENI ha richiesto, e ottenuto, un ribasso delle tariffe a 40 Dollari per mille metri cubi, ma nel 2011 Gazprom ha innalzato la quantità di gas inviato in Italia a 108,8 milioni di metri cubi: senza, tuttavia, calmierare il costo dell’oro blu per l’acquirente italiano.
A preoccupare non è solamente lo storico dei rapporti tra ENI e Gazprom – in cui la parte italiana, fortemente dipendente da Mosca, ha giocato un ruolo subalterno – ma l’atteggiamento che il monopolista russo ha assunto nei confronti degli altri partner europei.
Per soddisfare le richieste di sconto sui contratti, e, nel contempo, per mantenere l’egemonia energetica nel Vecchio Continente anche dopo lo sfruttamento totale delle proprie riserve energetiche, Gazprom ha concesso un ribasso della bolletta alle principali compagnie dell’Unione Europea – tra cui la tedesca Wingas, la francese Suez-Gaz de France, la slovacca SPP, l’austriaca Econgas e la slovena Plinovodi – in cambio del possesso totale o parziale dei gasdotti nazionali di Germania, Francia, Slovenia, Austria e Slovacchia.
L’operazione di revisione contrattuale con ENI è stata contestualizzata dal monopolista russo nel medesimo ambito di quelle finalizzate con le altre compagnie europee e, stando all’assenza di comunicati ufficiali da parte del colosso di San Donato, non è da escludere che l’Italia sia stata costretta a concessioni simili a quelle tedesche, francesi, slovene, austriache e slovacche pur di ottenere il richiesto sconto.
Del resto, riguardo alla cessione parziale o totale del controllo delle condutture italiane nulla è stato dichiarato nemmeno nel corso della corrente operazione di scorporo da ENI di Snam Rete Gas: ente deputato alla gestione di un sistema infrastrutturale del BelPaese che, dal rinnovo contrattuale con Gazprom, potrebbe appartenere più alla Russia che a Roma.
Inoltre, con il controllo non solo del gas, ma anche delle infrastrutture per mezzo delle quali l’Italia importa l’oro blu dalla Russia – dall’Ucraina, che per ottener anch’essa un ribasso delle tariffe presto sarà costretta a cedere il proprio sistema infrastrutturale energetico al Cremlino, Mosca invia il gas al Tarvisio attraverso i gasdotti di Slovacchia, Slovenia, e Austria – è ancor più evidente lo stretto margine di autonomia con cui l’ENI ha potuto affrontare le trattative con Gazprom.
La crisi in Grecia e le ripercussioni per l’Italia
A intricare la situazione è lo sviluppo della questione della Grecia. Per risolvere la drammatica situazione economica che attanaglia il Paese, Atene ha deciso di privatizzare il proprio colosso energetico DEPA e l’ente deputato alla gestione dei gasdotti nazionali DESFA, nei quali il governo greco intende mantenere non più del 34% delle azioni.
Come comunicato dall’ufficio stampa della stessa Gazprom, il boccone ellenico è finito nell’obiettivo di Mosca, al punto che a poche ore dalla comunicazione della svendita energetica, il vice-capo del monopolista russo, Aleksander Medevedev, ha intrattenuto colloqui urgenti con emissari del governo greco. Secondo fonti ben informate,la Greciaa breve potrebbe cedere alla Russia l’intera quota degli enti energetici messi sul mercato in cambio di un’offerta, nemmeno troppo faraonica, a cui Atene non può rinunciare.
Sul piano geopolitico, quest’operazione avrebbe conseguenze catastrofiche, sopratutto per l’Italia: con il controllo della Russia sui gasdotti ellenici, al BelPaese sarebbe preclusa la via di approvvigionamento meridionale, da cui la Commissione Europea sta cercando di importare, proprio in Puglia, oro blu acquistato dal centro-Asia, senza transitare per il territorio russo – e, così, dipendere dal diktat energetico di Mosca.
Accerchiati da nord e da sud – e privi delle risorse dalla Libia: su cui un tempo l’ENI poteva contare per controbilanciare il monopolio della Russia – l’indipendenza energetica dell’Italia è compromessa e, con essa, è messa a serio repentaglio la sicurezza nazionale del nostro Paese.
Per questa ragione, se non altro per garantire ai cittadini il diritto di sapere qual’è la reale condizione geopolitica dello Stato in cui vivono, sarebbe opportuno da parte del Cane a Sei Zampe un minimo di chiarezza su un’operazione da cui, senza mezzi termini, dipende la situazione dell’Italia: destinata a essere o un soggetto sovrano dell’Unione Europea, o, come sembra essere sempre più probabile, un vassallo della Russia imperiale e monopolista in un Vecchio Continente sempre più eurasiatico.
Matteo Cazzulani